gruppo seitel

Nuovo rapporto Ag/Censis sulla vita digitale in Italia: la nuova generazione internet dipendente

26-06-2018   Fabio Mazzocchio Blog

Il 69,6% del campione non si fida della gestione dei dati da parte dei network e dei motori di ricerca. Il 76,8% degli intervistati favorevole all'obbligo del documento di identità per iscriversi ai social.

 

Quello che emerge è un utilizzo della rete sempre più massiccio da parte degli italiani, ma ad essere messi sotto la lente di ingrandimento soprattutto negli ultimi mesi sono fiducia, anonimato e tutela della privacy online.

 

La maggior parte degli utenti di internet non si disconnette mai, dal tavolo della colazione al letto, forse invece frutto delle recenti vicende di Cambridge Analytica: chi naviga non ha più una fiducia incondizionata nei gestori dei servizi. Eppure, allo stesso tempo, l'attenzione verso la condivisione di informazioni personali è ancora molto bassa.

 

Circa 2/3 degli utenti internet utilizza la messaggistica tutti i giorni e in maniera continuativa durante la giornata. Il 61% è presente con la stessa intensità sui social network. Che sia per comunicare o per accedere a Facebook, l'uso di internet è oggi un'esperienza sempre più totalizzante. Il 77% degli italiani coinvolti nell'indagine si collega ad internet anche prima di addormentarsi (percentuale che sale all'88% nella fascia 18-34 anni). Un'iperconnessione che ha anche aspetti preoccupanti: l'85,8% naviga o scambia messaggi anche quando guida. Nonostante la dipendenza da Facebook, WhatsApp e simili, 2/3 degli utenti abbandonerebbe i servizi, se ci fosse l'introduzione di un canone di pagamento. Dipendenti, sì, ma finché è gratis.

 

Finti account, false identità, gli insulti dei cosiddetti "leoni da tastiera". Gli utenti di internet sono per la maggior parte pronti a cercare di invertire questa tendenza. Secondo il rapporto, il 76,8% degli intervistati si dice favorevole all'introduzione dell'obbligo di fornire un documento di identità nel momento dell'iscrizione ai social network. Solo il 12,3% è contrario perché "sarebbe un ulteriore modo per fornire informazioni alle aziende". Il superamento dell'anonimato porta infatti con sé il tema di segno opposto: la tracciabilità di ogni individuo presente in rete.

 

Il paradosso della privacy. Il 69,6% del campione non si fida della gestione dei dati da parte dei social network e dei motori di ricerca. Un’allerta certamente intensificata dalla vicenda di Cambridge Analytica sulla vendita di dati per finalità politiche. Nonostante il rapporto di fiducia sia incrinato, 2/3 degli utenti di internet considera la tracciabilità in rete inevitabile e, tutto sommato, irrilevante. Un prezzo da pagare per l’uso gratuito dei servizi. Colpisce infatti che, in barba alla preoccupazione diffusa, quasi il 50% dei soggetti tenda a non leggere le informazioni sulla privacy "perché sa più o meno quello che dicono" (35,4%), perché non ne ha interesse (8%) o non valuta il tema come un problema (5%). Si direbbe che il nuovo regolamento europeo per chi acquisisce e gestisce dati (Gdpr) sia stato accolto con una certa indifferenza dagli italiani.

 

Vorrei, ma non posso. Il 60,7% degli intervistati si rende conto di utilizzare troppo internet. Solo il 28,6%, però, è intervenuto con dei correttivi. Il 32% si è limitato ai buoni propositi perché valuta l’auto-limitazione "troppo complicata" o non è riuscito a metterla in atto.